Vincenzo Comunale, monologhista napoletano, classe ’96, è salito sul palco di Zelig Event per il gran finale. Nelle ultime quattro puntate il programma, che ha salutato definitivamente la tv, ha dato in ogni puntata l’opportunità a un esordiente di esibirsi davanti al grande pubblico. Nonostante la sua giovane età Vincenzo è un veterano del lab dello storico colosso della comicità.
Quando hai deciso che avresti fatto il comico?
Da bambino. Imitavo i comici che vedevo in tv e sono praticamente cresciuto con le commedie di Vincenzo Salemme, i film di Troisi e Zelig. A 12 anni ho fatto la prima esibizione con un monologo in un villaggio turistico e da quel momento il palco non l’ho più lasciato.
Qual è stata la tua formazione artistica?
Ho frequentato diverse accademie di recitazione, per poi virare definitivamente sul cabaret, prima con il lab di “Komikamente” e poi con quello di Zelig. Ho partecipato a diversi festival vincendo anche i premi Troisi e Charlot che porto particolarmente nel cuore. Inoltre mi sono sempre nutrito di cinema e teatro ma poi sul palco ho preferito la strada del monologhista.
Ti abbiamo visto nella penultima puntata di Zelig Event, raccontaci come hai vissuto questa esperienza.
L’ho vissuta come un bambino che va per la prima volta a Gardaland. Ero felicissimo, solo se ci ripenso ancora me la faccio addosso. E’ stato davvero un sogno essere su quel palco assieme a Michelle Hunziker, Christian De Sica e soprattutto essere parte di quei comici che ho sempre ammirato. Stare con loro dietro le quinte è stato emozionante, pensa che ho condiviso il camerino col Mago Forest ed Ale e Franz…assurdo!
Sei stato il comico più giovane nella storia di Zelig, come sei approdato nel colosso della comicità italiana?
E’ stato un percorso graduale ma costante. Da quando ho cominciato in questo settore non ho mai smesso di “fare cose” ed essendo molto giovane credo che la cosa non sia passata inosservata. Sono arrivato dapprima al locale, dove, contrariamente ad ogni stereotipo sulla freddezza dei milanesi, sono stato accolto subito alla grande. Ho trovato un ambiente unito e di grande professionalità. Giancarlo Bozzo, il proprietario di Zelig Cabaret, mi ha fatto subito sentire a casa e da lì in poi ho intrapreso il percorso di lavoro con i laboratori di Zelig a Roma e a Salerno con la supervisione di Alessio Tagliento. Alla fine è arrivato l’approdo alla trasmissione televisiva, inaspettato e folgorante, una figata.
Zelig ha chiuso i battenti come trasmissione televisiva ma i live sono più attivi che mai e tu ne fai ancora parte…
Certo. Zelig ha chiuso ma non è morto. E’ un gruppo di professionisti che per 30 anni ha fatto cabaret con impegno e qualità e ci saranno ancora tante risorse per il futuro. Intanto siamo in giro per l’Italia con “Zelig Live On The Road”.
Da qualche anno sei anche nel circuito della Stand up comedy…
Sì, ho frequentato i vari locali che si stanno impegnando a fare questo tipo di comicità a Roma (il Cocktail Comedy Club, ad esempio) ed, assieme a degli amici colleghi ci esibiamo nella capitale col gruppo “Minollo Comedy”. Ultimamente però sono tornato a Napoli e quindi sono meno assiduo in questi appuntamenti. Tuttavia riesco comunque a cimentarmi in pezzi satirici e a confrontarmi con la satira: sono uno degli autori del collettivo satirico “Kotiomkin” e faccio parte anche del gruppo “Comici InCensurati” di Cosenza.
Quindi ti si può definire Comedian?
In un certo senso sì ma ci sono tante opinioni diverse al riguardo, quindi mi definisco semplicemente un monologhista comico.
L’ho chiesto a Velia Lalli e lo chiedo anche a te, pensi che la Stand Up Comedy possa diventare il nuovo trend della comicità?
Per come la vedo io la Stand Up Comedy in Italia esiste già tanto tempo, da Grillo a Paolo Rossi fino ad arrivare ai più recenti Giardina, Montanini, De Carlo, Velia Lalli appunto ed altri. Ora però c’è questo confronto-scontro tra il cabaret e la Stand Up che onestamente trovo inutile, si tratta di cose diverse non di cose peggiori o migliori. Dovremmo smetterla di farci la guerra tra cabarettisti e comedians e prendercela col vero nemico: gli animatori! (Scherzo, eh! …Forse.)
Ma tu da che parte stai?
Io ho sempre preferito il monologo rispetto a chi si mette una parrucca in testa e inventa un tormentone che il pubblico ripete dopo la terza puntata. E oggi ancora di più preferisco un monologo che mi parli in maniera diversa e personale, piuttosto dell’ennesima invettiva contro le suocere e i vigili urbani. Questo però non mi autorizza a criticare chi fa quel tipo di comicità.
I tuoi live sono formati da monologhi comici e poesie, come riesci a mixare le due cose?
In me sono sempre coesistite la passione per la comicità e per la scrittura in generale. Nei miei monologhi comici a volte cerco di trattare tematiche complesse ma preferisco esprimere un pensiero più profondo in sede distaccata, in una poesia, appunto. Credo che le due cose si possano conciliare bene, così da dare anche un respiro diverso allo spettacolo, riuscendo magari a trasmettere messaggi importanti senza “appesantire” il pubblico.
Sei tra i comici italiani più giovani, che consigli senti di dare ai ragazzi che vogliono intraprendere la stessa strada?
Non mi sento di dare dei veri e propri consigli agli altri, diciamo che potrei dire loro le cose che ripeto a me stesso: cercare di lavorare sempre sodo, di capire i tuoi punti di forza e di debolezza e non farti mai “snaturare” dagli altri. La cosa più importante che ho capito è che in questo mestiere sono i “No” che fanno la differenza e ti insegnano a crescere. E, inoltre, la cosa più importante è restare fedeli al proprio stile, al proprio modo di fare comicità e chiedersi sempre “cosa ho da dire?” “Cosa voglio comunicare alle persone?” Se un comico smette di farsi queste domande o non ha qualcosa da dire, smette automaticamente di essere un comico.
C’è un comico o un artista al quale ti ispiri?
Beh sì, è fondamentale avere dei punti di riferimento. Il mio mito, in assoluto, è Massimo Troisi. E’ l’artista che stimo di più. Punti di riferimento però sono anche Gigi Proietti, Enrico Brignano, Vincenzo Salemme e, se parliamo di artisti oltre Oceano, Woody Allen e Jim Carrey.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
A fine febbraio comincio un piccolo tour teatrale di 6 date col mio secondo spettacolo “Sono confuso, ma ho le idee chiare”, che porterò in scena prevalentemente in teatri Campani, per il momento. Poi proseguo sempre il percorso col gruppo di Zelig e sto lavorando ad altri progetti, dei quali non dico ancora nulla per scaramanzia.
Quali sono le tue passione oltre il tuo lavoro?
Due parole: Forza Napoli!
Come passi il tempo libero?
Mi piace andare al cinema o stare con amici e la famiglia. Tra università e spettacoli il tempo libero è veramente poco ma ce lo facciamo bastare per divertirci comunque e anche per vedere qualche serie TV.
Il sogno che vorresti tirare fuori dal cassetto?
Fare un mio film. E’ sicuramente la mia più grande ambizione. La cosa che più desidero però è diventare ricco per contribuire alla ricerca medica e donare sorrisi non solo sul palco. Vorrei tramandare ai miei figli gli stessi valori che mi hanno trasmesso i miei genitori: famiglia e umiltà. Della serie: ”Siamo milionari a papà, ma se vuoi il motorino vai al lavoro e compratelo col sudore tuo, ja!”. Ecco, il vero sogno nel cassetto, forse è proprio questo: vorrei essere come mio padre, un grande uomo.
Date dello spettacolo “Sono confuso ma ho le idee chiare”:
25/26 febbraio – Teatro Ridotto – Salerno
1/2 aprile – Teatro Madrearte – Villaricca (Napoli)
22/23 aprile – Drama Teatro Studio – Curti (Caserta)