Il giorno 5 aprile 2017 l‘università Federico II di Napoli, a seguito della richiesta presentata da Renzo Arbore, ha conferito ad Antonio de Curtis, in arte Totò, la laurea honoris causa alla memoria in “Discipline della Musica e dello Spettacolo. Storia e Teoria”. Il corso ha come primo laureato Totò, come ha notato il direttore del Dipartimento di Studi Umanistici Edoardo Massimilla.
L’evento si è svolto presso la gremita Aula Magna dell’ateneo. Per il rettore della Federico II Gaetano Manfredi Totò non sfigura tra i laureati eccellenti, “anzi entra di diritto nella schiera dei laureati federiciani in nome dell’alto valore artistico del suo lavoro”.
Con Elena Anticoli de Curtis, nipote di Totò, presente all’evento anche il ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini che ha confessato di essere un grande appassionato dell’attore napoletano, ulteriore segno della capacità di Totò nell’unificare varie parti del paese e ceti sociali diversi.
Ospite d’onore della giornata è stato Renzo Arbore che, grazie alla sua laudatio, è riuscito a far rivivere all’auditorium gli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, quando le parodie di Totò introdussero la risata catartica nel cinema neorealista dell’epoca, assecondando la necessità popolare. La comicità di Totò è “caratterizzata da due bisogni impellenti dell’essere umano, quello erotico e la fame, ritenuta dall’attore coefficiente essenziale del recitare bene” ha detto Arbore ricordando le parole di Nanni Loy.
Totò riesce in un momento delicato come il primo dopoguerra a consolare il ricco e il povero, un po’ pagliaccio un po’ “rivoluzionario”, come lo definì Cesare Zavattini.
Il rettore Manfredi ha spiegato i motivi che hanno spinto un’università antica come la Federico II a fare questa cerimonia: l’amore per la figura di Totò, familiare a molte generazioni cresciute citando le sue battute, segno della capacità dell’attore di appassionare generazioni divise da una profonda cesura; fondamentale anche il suo essere “esponente di una cultura napoletana unificante del paese”. Personaggio che appartiene al sud quanto al nord e che con la sua comicità ha idealmente attraversato l’Italia. L’appello di Manfredi nel valorizzare la figura di Totò è anche un invito alla coesione senza negare i problemi, in nome di un “Totò dell’ottimismo” e non solo della risata.
La laudatio di Matteo Palumbo, uno dei professori più stimati della facoltà, ha avuto lo scopo di ricordare il Totò artista. “Il comico deve essere un laziatore, per lui non deve esistere un copione”. Totò è al di fuori di rigide definizioni, anche per quanto concerne il linguaggio: “Gli studi di Tullio de Mauro – ha continuato Palumbo – sono stati fondamentali per definire la mobilità del linguaggio di Totò. Il comico neolaureato ha unito norma e infrazione universi linguistici e comportamentali che si scontrano. In lui la destrutturazione della lingua si fonde con la disarticolazione del suo corpo e con la sua faccia improbabile, per usare una definizione felliniana. Totò è e resterà sempre un comico totalmente napoletano, senza mai essere folclorico” ma anzi con il pregio di essere un’icona valevole in ogni luogo e forse in ogni tempo. “È un comico trascendentale per la sua capacità di stare nel mondo e contemporaneamente al di fuori di esso” ha concluso Palumbo.
A chi in vita l’aveva definito un “guitto” ha risposto con emozione Elena de Curtis quando nel momento del conferimento del titolo, ha definito la laurea alla memoria del nonno “una rivincita definitiva alle sue personali insicurezze”, e sembra quasi di sentire una voce familiare: “Alla faccia di Cartagine e di tutti i cartaginesi!”.